Quali sono, secondo Senge, le sette incapacità di apprendere delle organizzazioni?
“The fifth discipline”, si intitola così il libro di Peter Senge. Un saggio sull’apprendimento organizzativo che si potrebbe definire addirittura inquietante quando l’autore parla del tasso di mortalità delle aziende: probabilmente circa il 50% dei lettori, durante la loro carriera, vedrà scomparire la sua azienda.
A cosa è dovuta questa terribile selezione naturale delle aziende? “Il modo in cui esse sono progettate e gestite, il modo in cui le funzioni delle persone sono definite e, cosa più importante, il modo in cui a tutti noi è stato insegnato a pensare e a interagire (non solo nelle organizzazioni, ma più in generale) determinano basilari incapacità di apprendimento”.
Sono sette le incapacità di apprendere tipiche delle organizzazioni che Senge individua e consiglia di esercitarsi ad individuare:
- “Io sono la mia posizione”
Quando negli anni Ottanta un’azienda americana meccanica stava per chiudere, si offrì di riqualificare comunque il personale, ma i corsi non ebbero successo. «Perché?» chiesero gli psicologi ai dipendenti, quasi tutti risposero: «Come potrei fare qualcos’altro se sono solo un tornitore?» Le persone erano così tanto identificate con il loro lavoro e la loro posizione che non riuscivano a percepirsi in un altro ruolo. Non lo facciamo anche noi tutti i giorni?
2. “Il nemico è là fuori”
Le responsabilità delle inefficienze sono sempre ritrovabili al di fuori di noi stessi o del nostro ufficio. Ciò accade quando non riusciamo a percepire le conseguenze delle nostre azioni sugli altri membri dell’organizzazione.
3. L’illusione di farsi carico di qualcosa
Questa è l’illusione della “proattività a tutti i costi” e si confonde spesso con una reattività sotto mentite spoglie. Se la proattività è sempre diretta contro un “nemico là fuori”, stiamo solo reagendo alle circostanze. L’essere veramente proattivi deriva dal vedere come contribuiamo a risolvere i nostri problemi.
4. L’eccesso di concentrazione sugli eventi
Ci si concentra così tanto su eventi a breve termine (vendite del mese precedente, profitti dell’ultimo trimestre e così via) che non si riesce a percepire, riconoscere ed ammettere che le minacce alla nostra organizzazione sono rappresentate da processi lenti e graduali che hanno, al contrario, un impatto a lungo termine.
5. La parabola della rana bollita
Senge paragona la mancanza di adattamento delle organizzazioni alle graduali minacce esterne ad una rana bollita. Cosa accade se mettiamo una rana in una pentola di acqua bollente? Essa salterà fuori, ma se la mettiamo in una pentola di acqua fredda e, man mano, aumentiamo la temperatura, la rana non se ne accorgerà e finirà bollita. Morale della favola: la rana è morta senza rendersene conto.
6. L’illusione di apprendere dall’esperienza
«È qui il dilemma centrale dell’apprendimento che le organizzazioni devono affrontare: noi apprendiamo meglio dall’esperienza, ma non sperimentiamo mai direttamente le conseguenze di molte delle nostre decisioni più importanti. Le decisioni più critiche prese nelle organizzazioni hanno conseguenze a livello dell’intero sistema che si estendono su anni o decenni».
Le organizzazioni cercano di superare questa difficoltà suddividendosi in uffici e componenti; istituiscono, cioè, una certa organizzazione del lavoro, ma tali suddivisioni danno luogo a feudi, per cui quella che una volta era una conveniente divisione del lavoro si trasforma in «compartimenti stagni» che impediscono i contatti tra le funzioni.
7. Il mito del management team
Scrive Chris Argyris di Harvard, che da lungo tempo studia l’apprendimento nei gruppi di dirigenti: «Il gruppo può funzionare benissimo con questioni di routine, ma, quando deve vedersela con questioni complesse che possono essere imbarazzanti o minacciose, il fatto di essere un gruppo sembra non servire assolutamente a nulla». In realtà nessun dirigente è disposto ad ammettere di non avere soluzioni a questioni complesse e, quindi, non è aperto all’apprendimento.
Prima di consigliarvi la lettura del libro di Senge vi chiedo: “Leggendo i precedenti punti, avete notato qualche congruenza con la vostra realtà organizzativa? Se così fosse, la questione meriterebbe un’approfondita riflessione”.