Ambidestrismo: il segreto per un’organizzazione vincente
In ogni azienda regna un conflitto di obiettivi dovuto a due spinte:
- L’efficienza: legata alle attività fondamentali che l’impresa svolge (nucleo tecnico) e che devono essere svolte con sempre maggiore efficienza e prevedibilità;
- L’innovazione: lo sviluppo di nuove idee che rappresenta un’attività insita nella cultura dell’impresa.
Qual è il segreto che rende un’organizzazione equilibrata e vincente?
La risposta è stata data da Charles O’ Reilly, professore alla Business School di Stanford che ha coniato il termine di «organizzazione ambidestra» per indicare la capacità di riuscire a conciliare efficienza e cambiamento, l’ exploitation (trarre il massimo profitto dalle attività esistenti) e l’exploration (esplorare nuove strade). Non solo, ha considerato tale ambidestrismo come un elemento qualificante delle organizzazioni (Pittino[1]).
Si possono classificare, secondo Tushman e O’ Reilly, tre tipologie di ambidestrismo organizzativo: sequenziale, strutturale e contestuale.
L’organizzazione che è dotata di ambidestrismo sequenziale è capace di allineare in tempi brevi la propria struttura al cambio di strategia. Il caso di successo riportato è quello di Hewlett- Pachard, mentre i casi negativi sono rappresentati da Kodak e da Polaroid.
Le aziende che invece sono strutturalmente ambidestre perseguono gli obiettivi di efficienza e innovazione dividendo gli obiettivi in unità funzionali diverse. Ad esempio, le unità organizzative che presiedono il core business aziendale hanno l’obiettivo di garantire l’efficienza, mentre le unità di ricerca e sviluppo hanno il compito di sondare nuovi mercati e/o di sperimentare nuove tecnologie.
La ripartizione ideale di sforzi ed investimenti tra core business, business adiacenti e innovazioni pure è di 70-20-10 (Nagji,Tuff[2]).
Il modello più evoluto di ambidestrismo organizzativo è, infine, quello contestuale. L’ambidestrismo contestuale riguarda più le persone che le strutture, anche se alcune forme organizzative facilitano questa espressione.
Il caso di ambidestrismo contestuale maggiormente conosciuto è quello di Toyota: in questa organizzazione i lavoratori sono chiamati, da un lato, a svolgere attività routinarie di assemblaggio di auto (exploitation) e, dall’altro, a suggerire nuove modalità di svolgimento del proprio lavoro (exploration).
In un contesto del genere, la cultura organizzativa è permeata da diversi input; la struttura organizzativa è accompagnata da un grado maggiore di libertà decisionale del lavoratore, con network di discussione trasversali, con un flusso costante di informazioni che circolano a tutti i livelli. Anche gli investimenti in formazione sono destinati a tutti i livelli e a tutte le figure professionali.
Altro caso interessante è quello di Google: l’azienda ha, infatti, da un lato, diviso strutturalmente le unità di business più consolidate, come Google Search e Youtube, da quelle maggiormente innovative e rischiose come GoogleX perseguendo un ambidestrismo di tipo strutturale. Dall’altro, tutte le unità organizzative di Google perseguono l’obiettivo di un ambidestrismo di tipo contestuale: ogni dipendente, con la formula 70-20-10, dedica il 70% del suo monte ore ad attività di business “core”, il 20% va invece a progetti di miglioramento incrementale del business, mentre il restante 10% del tempo può dedicarsi ad attività di innovazione non legate al core.
In questo modo, l’ambidestrismo diventa pane quotidiano!
[1] Pittino, D. (2016); “L’impresa ambidestra: forme organizzative tra stabilità e cambiamento” in “Prospettive in Organizzazione” http://prospettiveinorganizzazione.assioa.it.
[2] Nagji, B. Tuff, G. (2012) “Managing your innovation protfolio” Harvard Business Review, 90 (5).