Da Industria 4.0 a Scenario 4.0

Smart factory, produzione intelligente, internet delle cose, industria 4.0, sono alcuni dei simboli della quarta rivoluzione industriale. L’industria 4.0 si caratterizza per il collegamento in rete e in tempo reale di esseri umani, macchine o oggetti per la gestione intelligente della produzione.

Le relazioni che si instaurano nella fabbrica intelligente sono di tre tipi:

  • uomo-macchina;
  • macchina-macchina;
  • oggetti-macchina.

La gestione della complessità di queste tre relazioni e di questi tre attori sarà alla base della competitività delle aziende (Matt, 2015)[1].

Accanto a queste tre relazioni lo sviluppo tecnologico contribuisce a modificare (in una maniera mai conosciuta prima) il rapporto dell’uomo con sé stesso. Se da una parte i processi di lavoro ripetitivi e standardizzati saranno sempre di più di competenza dalle “macchine”, all’uomo spetterà il compito di gestire (in maniera creativa) un sistema sempre più complesso e “fluido” di informazioni. Questa evoluzione non è un percorso semplice ed immediato. Mettere in discussione vecchi schemi e vecchi comportamenti (sopravvissuti fino ad oggi) significa elaborare una nuova visione di sé stessi. Per questi motivi da più parti si parla di un nuovo “umanesimo” capace di rimettere al centro del processo produttivo e delle organizzazioni l’uomo ed il suo potenziale creativo.

La nuova Rivoluzione, non riguarda solo Germania e Giappone, ma è già realtà anche in Italia: il Paese dell’umanesimo e del Rinascimento. Un’interessante pubblicazione dal titolo “Industria 4.0. Uomini e macchine nella fabbrica digitale” fa il punto della situazione raccontando le best practice del bel paese. Ne citiamo due solo come esempio, riportate anche nell’introduzione del libro.

La prima è l’Avio Aero di Cameri, in provincia di Novara, acquisita da General Electric (non a caso multinazionale americana in prima linea per la ricerca e l’applicazione dell’industria 4.0, in competizione aperta con la Germania). Qui solo quindici ingegneri e tecnici producono le palette delle turbine dei Boeing 787 attraverso il controllo di sessanta stampanti tridimensionali.

Altro esempio, l’Alstom di Savigliano (Cuneo), dove attraverso cinquantamila componenti e novecentomila pezzi, si assembla il pendolino, lavorando su tablet e monitor touchscreen (Segantini, 2016)[2].

Accanto a queste due aziende (presentate nel libro) è notizia di questi giorni che la stessa FCA ha stretto una importante partnership con la Samsung per completare il processo di digitalizzazione del manufacturing: ogni operaio della linea sarà dotato di uno smartwatch in grado di interagire in tempo reale con il sistema informativo aziendale.

Quali sono i punti qualificanti di queste esperienze? Si potrebbe rispondere in questo modo.

L’integrazione in rete tra hardware e software, l’integrazione tra uomo-macchina-oggetti alla quale si attribuisce la dignità di una quarta rivoluzione industriale. Ma soprattutto la conoscenza sempre più vasta e completa dei consumatori e del mercato. I famosi big data garantiscono infatti la possibilità di poter realizzare (sulla base di dati raccolti in tempo reale) prodotti e servizi personalizzati sulla singola persona: una vera e propria rivoluzione per il sistema capitalistico abituato alla standardizzazione e al lavoro in serie.

Tutto ciò porterà ad un aumento considerevole della volatilità e dell’incertezza lungo tutta la catena del valore; tempi di approvvigionamento incerti, aumento della concorrenza, estrema personalizzazione dei prodotti, tempi di consegna brevissimi, maggiore complessità dei prodotti, lavoro su lotti piccoli…questa è la quarta rivoluzione industriale o, come qualcuno ha detto, l’era del “post-fordismo aumentato”, della “personalizzazione di massa” (Magone, Mazzali; 2016)[3]

Tabby è un caso emblematico di personalizzazione di massa: un autoveicolo progettato in maniera condivisa. Un “open source vehicle” in cui l’hardware è appunto, open source, ed è soggetto a revisione da parte degli utenti. In questo esempio, il consumatore è al centro di tutti i processi, fin dalla progettazione.

Abbiamo parlato di Nuovo Umanesimo; a questo punto cosa accade ai lavoratori dentro le fabbriche intelligenti?

Indipendentemente dalla previsioni rosee (maggiori posti di lavoro e più qualificati) e da quelle apocalittiche (riduzione drastica di posti di lavoro, fabbrica senza persone) quello che risulta è che chi lavorerà dentro o in remoto per queste fabbriche avrà una nuova centralità. L’idealtipo del lavoratore nella fabbrica 4.0 è quello di un lavoratore “partecipativo” e “proattivo”. Le vecchie gerarchie nelle quali erano ingabbiati i lavoratori spariranno e si evolveranno verso modelli in cui vi è una maggiore circolarità dei processi decisionali. Le differenze tra reparti (progettazione vs produzione) così come tra funzioni (produzione vs servizi) e gerarchie (top vs down) rappresentano dei limiti da superare per liberare le potenzialità creative del nuovo lavoratore 4.0.  Il nuovo umanesimo significa che la tecnica sta lasciando sempre più spazio a quelle che un tempo erano chiamate “soft skills” che oggi sono diventate fondamentali per il nuovo lavoro 4.0. Non a caso il World Economic Forum mette complex problem solving, creatività e pensiero critico, sul podio delle 10 competenze vincenti nel 2020. Nelle nuove organizzazioni, la responsabilità sarà maggiormente condivisa e questa costituirà la gioia o il dramma per il lavoratore del futuro, a seconda della sua “resilienza” cioè a seconda della sua capacità di far fronte ad eventi traumatici, di crisi e di riorganizzazione della propria vita (Magone, Mazali; 2016).

Non solo, le nuove fabbriche dovranno affrontare un processo complesso di cambiamento organizzativo: la riprogettazione spinge per una maggiore formalizzazione dei processi che avviene spesso trasformando il know how tacito, presente nella testa e nelle mani di poche persone, in conoscenza esplicita, condivisa e patrimonio dell’organizzazione. Mai come oggi la formazione ha un ruolo di primo piano nel rendere possibile il cambiamento. Nell’epoca di industria 4.0 il talento è diventato più importante del Capitale! Per questo motivo le differenze tra chi sta apprendendo (nuovi modelli, nuove conoscenze, nuove prospettive, nuova consapevolezza) e chi non sta apprendendo diventeranno sempre più forti.

Proprio dal punto di vista organizzativo, l’ampiezza della gamma di competenze e l’elevato livello di specializzazione spingono ad assumere comportamenti più collaborativi e a dare maggiore rilievo al lavoro in team (Garbellano, 2016)[4]. Insomma, accanto all’Industria 4.0, si affaccia uno Scenario 4.0 con riferimento non tanto ai processi tecnologici ma, piuttosto, agli aspetti organizzativi, di condivisione del know-how, ai modelli di lavoro, alla costituzione e alla conduzione di team di lavoro, alla centralità del lavoratore e della formazione generatrice di cambiamento.

 

[1] Smart Factory, industria del futuro: esempi di best practice. Fraunhofer Italia.

[2] Prefazione, in Industria 4.0. Uomini e macchine nella fabbrica digitale. Guerini e Associati.

[3] (a cura di) Industria 4.0. Uomini e Macchine nella fabbrica digitale. Guerini e Associati.

[4] “Che cosa sono davvero Smart Factory e Industria 4.0”, Industria Italiana del 24/05/2016.